Questo articolo nasce dopo aver visto il documentario su San Patrignano e dalla domanda, che mi sono fatta milioni di volte nella mia vita: "Il fine giustifica i mezzi?".
In migliaia di anni di storia quante volte ci siamo posti questa domanda?
Un fine per il "bene" giustifica sempre i mezzi utilizzati per arrivare a questo fine?
Immediatamente mi sorge spontanea una considerazione: cos'è bene e cos'è male?
Sono due concetti opposti, ma anche due lati della stessa medaglia, l'uno necessario all'altro per esistere.
Se non giudico nulla come bene, non avrei necessità di giudicare qualcos'altro come male e viceversa.
Due concetti per altro soggettivi perché attribuibili a cose completamente diverse, a seconda del proprio vissuto, del proprio stato sociale, familiare, della propria educazione.
Siamo sicuri che chi commette atti violenti non pensi di stare facendo del bene in quel momento?
E siamo sicuri che necessariamente atti apparentemente orribili portino sempre a qualcosa di male alla lunga? E allo stesso modo, atti apparentemente belli portino sempre a qualcosa di bene alla lunga?
Vi faccio un esempio. Una persona che si prodiga come salvatore di qualcun altro, ha bisogno di qualcuno da salvare. Ma c'è davvero qualcuno da salvare? O qualcuno che può essere salvato?
Siamo sicuri che la sindrome della crocerossina stia generando luce?
Il salvatore si mette in una posizione che crea e attira persone in difficoltà, persone da aiutare e che spesso poi sviluppano una relazione di dipendenza con il salvatore, che non salva, ma sazia solo il suo bisogno di salvare.
Altrettanto chi pensa di avere bisogno di essere salvato, crea e attira i salvatori. E' un relazione che si alimenta a vicenda.
Come la relazione vittima e carnefice: due figure che esistono l'una grazie all'altra.
Tutte queste domande hanno il fine di far nascere una piccola riflessione.
Siamo sicuri di aver instaurato una società che alla lunga potrà essere davvero felice, se si basa ancora su concetti di bene e di male, di giusto e di sbagliato, di vittima e di carnefice?!
Esiste davvero la vittima e il carnefice? Siamo sicuri che non ci stiamo auto sabotando?
Noi costruiamo la nostra storia sulla base del Mito, sulla base di relazioni che abbiamo creato e che manifestiamo nella realtà, a volte anche inconsapevolmente.
Realtà che esistono prima di tutto dentro di noi, immagini che prima di tutto esistono dentro la nostra psiche. L'anima abita le nostre immagini e ognuno nella vita trova ciò che cerca.
Credere nella vittima e nel carnefice non fa altro che alimentare e continuare a creare quella realtà, piena di vittime e di carnefici.
Magari anche piena di persone che si battono per una società migliore, ma continuando a stare o dalla parte di uno o dalla parte dell'altro. Senza accorgerci che è esattamente questo atteggiamento di separazione, di bene e di male, di vittime e di carnefici, a continuare a creare la realtà che non vogliamo.
Vogliamo davvero un mondo migliore? Vogliamo davvero una società basata su altri valori?
Se vogliamo qualcosa che non abbiamo mai avuto, dobbiamo cominciare a fare qualcosa che non abbiamo mai fatto prima.
E' vero, la separazione in natura, qui nel relativo, ha il suo fine evolutivo. L'anima si incarna per fare esperienze, e tramite queste cresce, si espande ed evolve. E l'apprendimento attraverso gli opposti si rivela molto utile. Serve infatti sperimentare la paura per poter sperimentare il coraggio.
A volte la sofferenza si rivela fondamentale per ritornare all'amore, per ritornare a noi e alla nostra vera essenza.
Infatti il fine di questo articolo non è quello di giudicare negativamente l'esistenza di queste realtà, ma è quello di cominciare ad integrare la possibilità che non siamo separati da ciò che viviamo.
Siamo noi a creare la nostra realtà. Se non ci disturba, non esiste motivazione per dover per forza cambiarla. Il problema nasce quando viviamo conflitti, viviamo una realtà che non ci piace, che non vogliamo, e invece di integrarla, ce ne separiamo e d'un tratto ne diventiamo vittime, ci mettiamo su un piano in cui non abbiamo nessun potere sulla realtà che stiamo vivendo.
E' arrivato il momento per essere più consapevoli di sé e di ciò che viviamo. Siamo noi i responsabili della nostra realtà. Ed è proprio questo assumersi la responsabilità che ci permette di prendere davvero in mano le redini della nostra vita.
Ti danno fastidio i carnefici? Continui ad imbattertici? Invece di combatterli separando te stesso da loro, integra questo aspetto. Riconosci la tua realtà. Se continui ad attirare carnefici prova a riconoscere quell'aspetto di te che fa la vittima, che è convinto di essere una vittima.
Se si incontrano spesso salvatori, è importante riconoscere in sé le insicurezze che hanno portato a credere di aver bisogno di essere salvati.
Liberare quell'aspetto dentro di sé, permette di liberare anche la realtà esterna.
E quindi, tornando alla nostra domanda.... "Il fine giustifica i mezzi?"
Beh, è la domanda che è sbagliata.
Una società che si basa su questa domanda rimarrà incartata sulla separazione, su una realtà che è divisa tra ciò che è giusto da ciò che non lo è, che è basata sulla ricerca esterna di un qualcosa da cambiare. Quando è solo dentro di sé che si trova la soluzione.
Una società diversa si basa sull'essere coscienti di essere gli unici responsabili della propria realtà.
Una nuova società non può che nascere da dentro!
Se ognuno ha il coraggio di guardarsi dentro e fare luce sugli aspetti perturbati e conflittuali che sta creando, attirando e manifestando all'esterno, allora potrà realmente contribuire a cambiare il mondo.
Magari inizialmente il suo mondo. Ma.... c'è davvero separazione?
Con amore,
Nicole
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